La leggenda di San Calogero – Lipari

Ancora oggi lo stabilimento termale, così come l’intera area in cui esso sorge, è dedicato a San Calogero, la cui biografia si presenta frammentaria e può essere considerata una combinazione di mito e storia.

 

Iconografia di San Calogero eremita.

Con il termine Calos-gero (composto da καλός buono, bello e γέρων uomo anziano, vecchio in greco antico, ovvero buon vecchio) durante il Medioevo erano indicati quei monaci eremiti che si ritiravano in zone impervie e remote e spesso fornivano sollievo alle anime dei popoli afflitti da stenti ed epidemie con la loro aura di stoicismo e santità. [Iacolino 2001, 135-145] .

Stando agli atti di un breviario siculo-gallicano risalente al periodo tra l’XI e il XVI secolo, il Calogero oggi indicato come santo nacque intorno al 466 d.C. a Calcedonia, nei pressi di Costantinopoli e trascorse la sua vita come pellegrino nei dintorni di Roma, finché non ricevette dal papa il permesso di vivere da eremita in luoghi non meglio precisati.

Fu durante il suo peregrinare che nacque la sua vocazione di evangelizzare la Sicilia, così, dopo aver ricevuto il benestare papale, Calogero si fermò sull’isola di Lipari, il cui arcipelago durante il periodo medioevale era provato da una ripresa dell’attività eruttiva, fatto che incoraggiò la diffusione di varie leggende che vedevano nei crateri vulcanici il vestibolo degli inferi.

Non passò molto tempo dal suo arrivo perché Calogero fosse considerato dagli isolani come la rappresentazione vivente del protettore, un saggio portatore di speranza, un guaritore dei corpi e delle anime capace di contrastare la presenza dei diavoli che infestavano le Eolie, all’epoca provate anche da invasioni piratesche, dalla guerra goto-bizantina (535-553), da epidemie, carestie e soprattutto dalle continue eruzioni di Monte Pilato e Forgia Vecchia.

Le maggiori informazioni sulla permanenza di Calogero a Lipari le traiamo dagli scritti di Pietro Campis [Iacolino 1980, 99-103] che ci riferisce come il santo, giunto sull’isola, abbia trovato rifugio presso una grotta sita nei dintorni delle terme greco-romane, dalle quali avrebbe fatto risgorgare le acque benefiche che, a causa dell’incuria degli abitanti, erano andate perse.

Dal ritrovamento a opera di Calogero, la sorgente termale fu rivalutata e l’uso delle acque venne nuovamente promosso tra la popolazione che, considerando le cure ricevute come eventi miracolosi, dedicò al santo l’edificio ottocentesco.

All’interno dell’architettura fu costruito un luogo sacro, una cappella presso la quale i malati pregavano e non esitavano a lasciare in dono ex-voto, costituiti non soltanto da oggetti preziosi ma soprattutto da bastoni e stampelle che, una volta raggiunta la guarigione grazie al santo, non erano più necessari.

Ma Calogero non concluse la sua vita sull’isola: dopo qualche anno si spostò nei dintorni di Sciacca, trovando rifugio in una grotta sul monte Chronos, oggi Monte San Calogero, dove dimorò per 35 anni fino alla morte e a questi episodi è riconducibile la tradizionale iconografia con cui viene rappresentato ancora oggi.

Tale immagine, ripresa da una maiolica risalente al 1545, murata in una grotta di Sciacca su un altare, rappresenta l’eremita con le Sacre scritture nel braccio destro, il bastone del pellegrino, tramite il quale, si racconta, riuscisse a far risgorgare le sorgenti, nella mano sinistra e, ai suoi piedi, un fedele inginocchiato.

Presente nell’iconografia anche una cerbiatta ferita da una freccia, rappresentazione questa legata all’episodio della sua morte, avvenuta tradizionalmente quando Calogero, non essendo più in grado di procacciarsi da solo il cibo, ricevette in dono da Dio l’animale che, essendo dotato di un latte molto nutriente, avrebbe sfamato l’eremita.

Quando però un cacciatore trafisse con una freccia la cerva, essa si trascinò nella grotta di Calogero morendo tra le sue braccia e il cacciatore, riconoscendo il vecchio che anni prima lo aveva battezzato, chiese perdono in lacrime.

Fu in questa occasione che Calogero trasmise al cacciatore le istruzioni per l’uso delle acque sulfuree presenti nei dintorni ed egli, divenutone discepolo, si recò spesso sul monte per trovare il santo finché, dopo 40 giorni dalla morte della cerva, tra il 17 e il 18 giugno 561, trovò il santo anch’egli morto, seppellendolo prima nella grotta stessa e poi in un’altra caverna.

Ancora oggi in tutte le città dove Calogero soggiornò, Lipari compresa, il santo è venerato e vengono organizzate delle celebrazioni in suo onore il 18 giugno di ogni anno.

 

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Mollica, C., Schepis, F., & Quattrocchi, A. (2019). I luoghi e l’immagine storica delle Terme di San Calogero nell’isola di Lipari. Eikonocity. Storia E Iconografia Delle Città E Dei Siti Europei, 4(1), 27-43.

 

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